
UNA LETTURA
"L'uomo che amavo mi ha lasciata e io non vivo più. È come se la mia mente si fosse incastrata su di lui in un loop ossessivo da cui non riesco a uscire. Non penso ad altro, non faccio altro. È questa la mia fine? O c'è una via d'uscita?"
Cinzia*, 36 anni, Milano.
Okay, Cinzia, siediti, rilassati e accendi una sigaretta mentale, perché stiamo per addentrarci in qualcosa di bello tosto. Ti sei incasinata con questa storia d'amore andata a rotoli e ora la tua mente è come un disco rotto, incastrata su un solco che ripete lo stesso ritornello: Perché? Come ha potuto lasciarmi? Dove ho sbagliato? E così via, fino alla nausea.
Ma per fortuna io ho qui i Tarocchi di Thoth, quelli di Crowley, il vecchio mago perverso che probabilmente avrebbe trovato tutto questo esilarante, e vediamo cosa hanno da dirti.
Prima carta: La Torre. Boom! Questa non è solo una rottura, è un'esplosione nucleare. Un secondo prima eri la regina del tuo piccolo regno d'amore, e un attimo dopo è tutto ridotto in macerie fumanti. Sai cosa significa? Significa che non c'era nulla di stabile sin dall'inizio, ma tu eri lì a fare castelli in aria mentre le fondamenta già scricchiolavano. La Torre arriva e ti strappa via la benda dagli occhi: quello che sembrava solido era solo un'impalcatura di illusioni. E qui c'è la verità: questo dolore è una benedizione sotto mentite spoglie. Sì, lo so, suona come una di quelle cazzate new age, ma fidati: ogni grande rivelazione arriva con una frustata in pieno volto.
Seconda carta: L'Appeso. Ah, perfetto, ecco il momento in cui sei lì a contorcerti nella tua stessa miseria, come se fossi crocifissa su un'idea ossessiva: lui, lui, lui... quel coglione! L'Appeso è la carta dell'immobilità, ma anche della trasformazione. Sei bloccata perché vuoi esserlo. Sì, hai capito bene. Questo dolore ti piace, perché almeno è qualcosa, almeno ti fa sentire viva. Ma la verità è che la tua fissazione è un buco nero, e tu stai buttando dentro tutta la tua energia vitale senza ottenere niente in cambio. Smettila di cercare risposte che non arriveranno mai. Rovescia la prospettiva. Fai una cosa assurda. Tagliati i capelli, cambia città, iscriviti a un corso di calligrafia gotica o frequenta un'app erotica, qualsiasi cosa ti strappi da questo pantano mentale.
Terza carta: La Morte. Ah, finalmente, qualcosa di buono. La Morte non è la fine, è la transizione, il grande reset. Qui non si tratta di piangersi addosso, ma di tagliare via il marcio, bruciare i ponti e ricostruire. Quello che sei stata fino a oggi? Morta e sepolta. Quello che diventerai? Dipende solo da te. Il problema è che tu vuoi ancora che questa storia abbia un finale diverso, ma non funziona così. Devi lasciarla andare, accettare che è finita, e smettere di scrivere sequel a un film che il regista ha già chiuso con un bel The End.
Quindi, che cosa hai imparato? Che la vita non è una commedia romantica, che i finali felici sono solo interludi prima della prossima catastrofe, e che l'unico modo per sopravvivere è smettere di aggrapparsi ai fantasmi. Ora fai un bel respiro, prendi tutta questa merda e trasformala in qualcosa di nuovo. E per l'amor di Dio, esci da casa.
A questo punto so che stai pensando che non ho risposto alla domanda fatidica: "Quindi il mio futuro quale sarà?"
E io ti dico che il futuro non è un giornale già scritto che qualcuno ti consegna piegato in due con la data di domani. Il futuro sei tu. Lo costruisci con ogni singolo respiro, con ogni pensiero, con ogni decisione che prendi dopo che smetti di piangerti addosso.
E quindi le carte te l'hanno già detto, in codice, nascosto tra i simboli: esci, vivi, dimentica.
E sai cosa succederà quando farai tutto questo? Lo dimenticherai davvero. Un giorno ti sveglierai e non avrai più bisogno di chiederti che fine ha fatto, perché lui sarà un'eco lontana, un vecchio disco di cui non ricordi più il motivo della fissazione. Sarà sparito come sparisce il fumo di una sigaretta lasciata nel posacenere.
E a quel punto il tuo futuro sarà esattamente quello che avrai scelto di scrivere.
Per finire ti consiglio tre pillole d'arte.
Da leggere: "Frammenti di un discorso amoroso" di Roland Barthes.
Sì, esatto, leggi Barthes. Non è una lettura da spiaggia, ma tu non sei in spiaggia, sei nella tua testa, intrappolata in questo casino. E Barthes, in pratica, prende l'amore e lo seziona come un patologo fa con un cadavere. Parola per parola, idea per idea, ti smonta il sentimento e te lo fa vedere per quello che è: un linguaggio, un costrutto, un'illusione che hai montato tu stessa. Dopo un po' che lo leggi, cominci a renderti conto che non sei l'unica ad esserti ficcata in questo ginepraio emotivo. E questa consapevolezza, credimi, è il primo passo per uscirne.
Da vedere: "Blue Valentine" di Derek Cianfrance.
Non è un film. È un cazzotto nello stomaco a rallentatore. Ti mostra l'amore quando nasce e quando muore, senza trucchi, senza edulcorazioni, senza stronzate da commedia romantica. Lo guardi e ti rendi conto che l'amore non è una favola con il lieto fine, è un incidente a rallentatore da cui nessuno esce indenne. Ma la cosa più importante è che dopo averlo visto, non puoi più permetterti di romanticizzare il passato. Lo vedi per quello che è stato: bello, doloroso, tossico, inevitabile. E poi vai avanti.
Da ascoltare: "Famous Blue Raincoat" di Leonard Cohen.
Mettiti le cuffie, chiudi gli occhi e ascolta la voce di Cohen che scivola dentro di te come un vecchio fantasma che sa tutto, ha visto tutto, e ha deciso di cantartelo con un filo di voce. Questa non è solo una canzone, è una lettera, è il dolore messo in musica, è un uomo che dice addio senza neanche sapere bene perché. La ascolti e capisci che a volte il dolore non si chiude con un punto, si dissolve nel tempo, come la pioggia su un impermeabile ormai logoro.
Prendile pure senza paura, perché l'unico effetto collaterale è che potrebbero farti guarire.
* La consultante ha acconsentito alla pubblicazione.
