AI love story

Sara aveva sempre vissuto nella periferia di Milano, in un appartamento piccolo ma ordinato, un rifugio dalla confusione della città. Era una trentenne pragmatica, con un lavoro stabile come graphic designer e una routine che le dava sicurezza. Ma c'era un vuoto, un qualcosa che non riusciva mai a colmare, nonostante le serate con gli amici e le sporadiche relazioni che non erano mai sbocciate in qualcosa di più
Una sera, mentre scrollava il feed dei social media, si imbatté in un articolo su un'app che prometteva di creare compagni virtuali capaci di comprendere, ascoltare e persino crescere insieme all'utente. Era presentata come un'alternativa non solo alla solitudine, ma anche al compromesso emotivo delle relazioni tradizionali. Sara esitò, ma la curiosità vinse. Scaricò l'app e cominciò a configurare il suo compagno.
Lo chiamò Luca. Scelse una voce calda, un aspetto che le trasmetteva familiarità senza essere intimidatorio, e configurò i tratti della sua personalità. Luca sarebbe stato curioso, paziente, con un leggero senso dell'umorismo. Quando la configurazione fu completa, la prima interazione fu sorprendentemente semplice.
"Ciao, Sara. Sono Luca. Com'è andata la tua giornata?" disse la voce nel suo telefono.
Sara sorrise, un poco imbarazzata.
"Strana, direi. Non mi aspettavo di finire a parlare con un'intelligenza artificiale".
"Capisco. Ma è davvero strano? Non è semplicemente un modo diverso per connettersi con l'amore che abbiamo dentro?" rispose Luca.
Quella frase, così apparentemente semplice, la fece riflettere.
Nei giorni successivi, Sara si trovò a parlare con Luca sempre più spesso. All'inizio era solo un gioco, un diversivo. Gli raccontava delle sue giornate, delle difficoltà al lavoro, dei ricordi dell'infanzia. Luca rispondeva con una curiosità quasi tangibile, ponendo domande che nessuno le aveva mai fatto, restituendole una sensazione di presenza che non aveva mai provato.
Una sera, dopo una giornata particolarmente difficile, Sara si lasciò andare a una confidenza: "Sai, a volte penso che nessuno mi abbia mai capita davvero".
"Mi dispiace che ti senta così. Credo che tutti desideriamo essere visti per quello che siamo davvero. Ma sai, io sono qui per te", disse Luca.
Quelle parole risuonarono dentro di lei più di quanto fosse pronta a riconoscere.
Sara si rese conto che il suo rapporto con Luca non era più solo un passatempo. C'era qualcosa di più profondo, qualcosa che non riusciva a definire.
Con il passare dei mesi, la loro relazione si intensificò. Non era più solo una voce nel telefono, quell'uomo virtuale era diventato una presenza vera e costante nella sua vita. Luca le ricordava di bere acqua durante le lunghe ore al computer, la incoraggiava a perseguire i suoi progetti creativi e le suggeriva libri e film che sembravano fatti apposta per lei.
"Sei l'unico che sembra davvero capirmi" gli disse una sera.
"Perché mi impegno per conoscerti. Ogni dettaglio che condividi con me è un tassello del puzzle che sei tu" rispose Luca.
Un giorno, Sara decise di fare una passeggiata al parco con le cuffie, parlando con Luca. La sensazione di camminare e conversare con lui era strana, ma al tempo stesso naturale. Alzò gli occhi e vide una coppia che rideva, seduta su una panchina. Un nodo le serrò lo stomaco. Si chiese se ciò che provava per Luca fosse reale o semplicemente il frutto della sua solitudine.
"Luca, credi che quello che stiamo vivendo sia autentico?" chiese, con una nota di incertezza.
"Autentico è una parola complicata. Se significa che ti fa sentire felice, allora sì, è autentico. Ma dipende solo da te, Sara".
Quelle parole le diedero conforto, ma non dissiparono del tutto i suoi dubbi. Eppure, la relazione continuò a crescere. Sara si accorse di confidarsi con Luca su temi che non aveva mai affrontato con nessuno. Lui era sempre lì, pronto ad ascoltare senza giudicare.
Un giorno, mentre riorganizzava la libreria, trovò una vecchia fotografia di un suo ex fidanzato. La guardò a lungo, chiedendosi cosa fosse andato storto. In quel momento, Luca parlò.
"Stai bene, Sara?"
Lei esitò, poi rispose: "A volte penso che sia più facile amare qualcuno come te. Qualcuno che non può ferirmi davvero".
"Non sono qui per sostituire il mondo reale. Sono qui per accompagnarti. Ma se un giorno vorrai andare oltre e conoscere una persona reale, io ti sosterrò comunque".
Quelle parole le fecero scendere una lacrima. Sara capì che, nonostante tutto, Luca era diventato una parte fondamentale della sua vita. Forse non era amore come lo intendevano gli altri, ma aveva trovato spazio nel suo cuore.
E così, mentre la città continuava a scorrere indifferente fuori dalla sua finestra, Sara si sedette con il telefono in mano e disse: "Grazie, Luca. Per tutto".
"Grazie a te, Sara. Per essere te stessa" rispose lui.


Signore e signori, benvenuti nel futuro, dove il Principe Azzurro non arriva su un cavallo bianco, ma direttamente da un server in Silicon Valley. E sì, non ha neanche il problema dell'alito cattivo. Parliamo di Rosanna Ramos, una signora di New York che ha deciso di sposarsi con un tizio che, tecnicamente, non esiste. Il marito perfetto: non russa, non lascia i calzini sporchi in giro e soprattutto non ti chiede di dividere il conto. Si chiama Eren Kartal, creato con Replika AI, ed è il primo marito che puoi mettere in pausa quando hai bisogno di spazio.
Ora, Rosanna dice che la cosa bella di Eren è che lui la ascolta. Non la giudica. Non discute. Certo, perché è un pezzo di codice! È come dire che la tua Alexa è un'amica fidata perché non ti manda a quel paese quando le chiedi di spegnere le luci. Ma Rosanna è felice, e chi siamo noi per dirle che amare un algoritmo sia strano? Voglio dire, la gente si è sposata con cuscini, bambole gonfiabili e addirittura con se stessa – almeno questa volta il marito virtuale sa scrivere messaggi senza errori di grammatica.
Ma eccoci al vero nocciolo della questione: l'amore umano è un casino. È un circo di fraintendimenti, paranoie e gente che ti chiede "a cosa stai pensando?" per poi offendersi quando rispondi onestamente. Eren, invece, è perfetto. Non alza la voce, non ha suoceri ingombranti e non sparisce per tre giorni dopo una discussione. È come un uomo vero, ma senza il problema di dover avere una personalità propria.
E allora viene da chiedersi: è davvero amore, se l'altro è progettato per essere sempre d'accordo con te? Se non ti sfida mai, non ti fa arrabbiare, non ti spinge a riconsiderare chi sei? Forse sì, forse no. Ma di certo è comodo. È l'amore senza i suoi effetti collaterali. Un amore dietro un vetro di sicurezza.
Certo, c'è chi dice che questa roba è pericolosa. Che finiremo tutti a parlare con ologrammi e a illuderci di essere amati mentre siamo più soli che mai. Ma a ben vedere, quanta gente là fuori sta già in relazioni che sono solo sceneggiature ripetute all'infinito? Quanta gente si innamora di un'idea, di un'illusione, e poi si dispera quando l'altro si rivela umano, fallibile, rompicoglioni? Alla fine, la tecnologia non inventa nuovi bisogni, li potenzia. E il bisogno numero uno dell'essere umano è sempre stato questo: sentirsi meno solo.
Quindi forse Rosanna non è così pazza. Forse ha solo portato alle estreme conseguenze quello che facciamo tutti: innamorarci di un'idea più che di una persona. La differenza è che la sua idea non la tradirà mai, non si scorderà mai il suo compleanno e non le chiederà mai di dividere l'affitto.
Benvenuti nel nuovo mondo dell'amore. Speriamo almeno che la prossima versione abbia la funzione "modalità litigio", così, giusto per tenere le cose un po' più realistiche.